Se l’amore non basta.

Pubblicato nel bel mezzo della pandemia, fa timidamente l’occhiolino nelle librerie il testo di Luigi Ciotti: “L’amore non basta”

Raccontano che, mentre il libro era in divenire, il nostro interrompesse più volte la scrittura perché non voleva assolutamente che quel testo fosse inteso come una biografia, no, proprio non voleva un’autobiografia.

In realtà “L'amore non basta” non lo è perché non è solo la sua storia ma il racconto di tante storie emozionanti e significative sia per la loro realtà che per il valore simbolico, di uomini e donne per i quali Luigi Ciotti si è battuto e si batte da sempre affinché possano essere riconosciuti nella loro libertà e dignità di persone.

Ne è uscita così una biografia corale, collettiva, dalla parte dei più emarginati della nostra società: tossici, prostitute, disperati, vittime di mafia, immigrati, raccontati in modo toccante e, se si può dire, senza scandalo, avvincente, come un romanzo che si legge in un fiato.

Il tema sotteso è quello di come poter riuscire ad essere un molo, un punto, una presenza affinché tante persone non abdichino alla propria dignità.

Un impegno dopo l’altro, una campagna dopo l’altra che, a partire dagli anni 70, costringono anche le istituzioni a non girarsi dall’altra parte ma a pensare e intervenire, con strumenti legislativi, per integrare con la giustizia l’amore per l’altro in difficoltà.

In questo senso è anche la storia del percorso culturale e legislativo di una parte del nostro Paese che ha prodotto iniziative e servizi oggi diffusi.

Da quando Luigi, che è un prete,  riceve dal  suo Vescovo nel giorno della ordinazione sacerdotale, “la strada” come parrocchia d’elezione anche la sua Chiesa è costretta ad accogliere temi e realtà prima impensabili.

Qui - sulla strada - dovrà, infatti, conciliare la dottrina con le sofferenze  che incontra ogni giorno anche quando queste fanno a pugni tra loro.La visione che emerge è quella di una Chiesa più casa comune e meno istituzione, capace di affrontare il presente nella sua complessità e di prefigurare le sfide del futuro (Papa Francesco docet) scrive lapidario: “la Chiesa non è per i poveri ma con i poveri”.

Ciotti è un rivoluzionario? 

Parlando di sé dice che la sua teologia è quella della fatica intesa come fatica materiale di vivere e fatica morale di trovare un senso alla vita e che il servizio agli altri è stato “la forma per sperimentare la pienezza del mio essere, la forma più gratificante di realizzazione di sé”.

Sì, lo è, e come tutti i veri rivoluzionari non manca di cultura e fantasia nell’azione.

La scrittura è lieve nello stile quanto onerosi sono i contenuti  raccontati, diretta, preparata, curata, mai banale e riesce a dare, alle tante storie, il senso di unità che un tale racconto potrebbe smarrire.

Il lessico semplice è molto efficace per raccontare storie estreme, le parole sono scelte con attenzione ma non indugiano a ricercatezze stilistiche combinandosi così con il contenuto al centro del quale corre l’idea che l’amore senza giustizia non basta.

A scuola si sarebbe detto: efficace unità di contenuto e forma.

Da leggere, perché è una boccata di ossigeno in mezzo ai tanti fumi da cui ci lasciamo intossicare.

Alfonsina Pizzatti