"Giulio Spini. Un'instancabile umanistica passione"

In attesa della presentazione ufficiale che si terrà il 25 ottobre, alle ore 17.30, presso l'Auditorium S. Antonio di Morbegno, vogliamo regalarvi un'anticipazione, una breve sintesi, dei contenuti di questa appassionata ricerca. Vi invitiamo a leggere l'introduzione a cura della presidente dell'Istituto Sondriese per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea Bianca Ceresara Declich .

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Questo Quaderno, dedicato ad un personaggio valtellinese, di grande rilievo, e non solo nella storia locale del Novecento, ha carattere monografico. La varietà dei saggi che presenta testimonia la molteplicità degli interessi e dell’attività a tutto campo di Giulio Spini.  Nello scrivere di lui abbiamo il vantaggio di poter usufruire d’una cospicua ricchezza documentaria, poiché l’ “Archivio Giulio Spini di Morbegno” è stato versato dagli eredi in comodato d’uso all’Issrec, che ne ha curato l’ordinamento e l’inventariazione.  Prima ancora che in questo Quaderno, esso è già stato molto valorizzato nel corso degli anni, (soprattutto dalla Direttrice Fausta Messa), in particolare nel triennio coincidente con le celebrazioni del centenario della Grande Guerra. Una trentina di alunni di classe terza e quarta dell’IIS “Piazzi-Perpenti” di Sondrio, nell’attività di Alternanza Scuola/Lavoro (per un totale di 300 ore), ha trascritto il corpus di circa 800 lettere, costituenti il carteggio tra Giuseppe Spini di Campo Tartano, soldato al fronte (Alta Valcamonica, Altopiano di Asiago, Bainsizza e Monte Nero) e la famiglia, divisa tra le Orobie e la lontana California. Nei medesimi anni, 16 classi di terza media delle scuole Damiani e Vanoni di Morbegno hanno partecipato ai laboratori di storia presso l’Issrec, lavorando sulle lettere della Grande Guerra, per un totale di 64 ore. Entrambe le attività (Asl e laboratori) rientrano pienamente negli obiettivi di Educazione alla Cittadinanza e Costituzione, ovvero di Educazione civica, previsti dai programmi scolastici.  Giulio Spini fu per quindici anni Presidente del nostro Istituto e in tale veste scrisse una lunga introduzione al nostro primo Quaderno storico, pubblicato nel 1990. Anzitutto egli si chiedeva se l’attività dell’Istituto, nato da pochi anni, partisse da zero. E dopo un’ampia disamina delle pubblicazioni locali sul tema della Resistenza in Provincia di Sondrio, cioè articoli, tesi di laurea, memorie, il testo di Fini-Giannantoni La resistenza più lunga e l’opera, non portata a termine, conosciuta come Bozza Catalano, concludeva che l’attività dell’Istituto non partiva da zero.  E tuttavia, secondo lui, molto restava ancora da esplorare attraverso le molteplici fonti archivistiche e la vasta memorialistica. La parte più interessante di quella lontana introduzione, dopo anni di nostre ricerche e di varie pubblicazioni, rimane, credo, quella che riguarda il metodo. Lo Spini avvertiva che non era sufficiente fermarsi agli anni della Resistenza per poterla comprendere; occorreva andare a ritroso, non solo agli anni del fascismo, ma almeno no a quelli della Grande Guerra. Così egli delineava un percorso di lungo periodo 1915-1945, lungo, s’intende, per lo studioso contemporaneista, che opera in un settore in cui i cambiamenti sono rapidissimi. A suo avviso non doveva far velo al rigore della ricerca la consapevolezza degli scarsi cenni riservati alla Resistenza nel nostro territorio dalla storiografia nazionale, perché questa “...registra solo o quasi fatti e luoghi in base al loro peso o al loro significato nel quadro comples- sivo”. Al riguardo è significativo l’esempio che propone della zona di Dongo, che, pur non essendo certo più impegnata della nostra nella lotta partigiana, è, però, divenuta famosa per la vicenda della colonna tedesca e della cattura di Mussolini.  Per questo, “Dal punto di vista militare, la resistenza locale non poteva che avere un ruolo corrispondente [a quello d’una piccola provincia] e come tale trovare un rilievo inferiore ai suoi costi in sacrifici e sofferenze e ai suoi meriti nella storiografia nazionale, tenendo conto che le formazioni partigiane immobilizzarono contingenti tedeschi e fascisti, disponibili altrimenti per i fronti di guerra e ne richiamarono spesso da fuori per rastrellamenti in grande”.  Mi piace concludere questo ricordo di Spini Presidente con un’ultima citazione, tratta sempre dalla sua Introduzione al nostro primo Quaderno, perché vi ritrovo il tema centrale di tutta la sua lunga attività di storico: l’attenzione alla vita della gente. La storia della Resistenza nel nostro territorio, egli scriveva: “...ha, in fondo, il compito di tracciare una biografia concreta delle popolazioni nel periodo, con i loro problemi economici e sociali, il loro modo di vivere insieme sul medesimo territorio, di avvertire lo Stato e la politica, di essere italiani e lombardi, di comportarsi e difendersi nelle calamità delle guerre, di scegliere nei momenti difficili”.  Ora passo alla presentazione dei saggi presenti in questa pubblicazione. Si comincia con Nostro padre, a cura dei figli. Nel successivo saggio di Fausta Messa, Il partigiano Vezio, apprendiamo che Giulio Spini, sfuggito alla cattura da parte dei tedeschi dopo l’8 settembre 1943, e fortunosamente tornato a casa da Avellino, entra nelle le della resistenza garibaldina nel settembre del 1944, per una precisa e meditata scelta di opposizione al nazifascismo. La profonda educazione cristiana e la formazione pedagogica lo portano alla convinzione che la lotta debba coinvolgere anche le popolazioni civili, per un autentico miglioramento morale e civile. Per questo si scontra duramente con la tattica del suo comando, indifferente verso le conseguenze che essa comporta sul povero mondo dei contadini. Dopo la ritirata in Svizzera della 55/a Rosselli, è tra i fondatori del Partito della Democrazia Cristiana, a cui collabora nella stesura del foglio “La Rinascita”, contemporaneamente si mette a disposizione del Cln provinciale, per conto del quale organizza le Sap e le giunte popolari a Tartano e in vari paesi della sponda sinistra dell’Adda in Media Valle. Alfonsina Pizzatti analizza Il politico, dalla nascita della DC in provincia, dal dossettismo all’impegno a fianco di Vanoni. Sottolinea il rapporto di amicizia con Melloni e Bartesaghi e la collaborazione a “Il dibattito politico”. Prosegue con la costruzione della corrente di sinistra nel partito (1954-1963) che provocherà l’isolamento del Nostro, al quale egli reagirà con la scelta di un intenso dibattito e di varia produzione intellettuale, attraverso corrispondenze, collaborazioni a riviste regionali e nazionali, riflessioni sul tema della “dittatura della maggioranza”. Sono, poi, esaminate le candidature del 1953-1972-1976. Si continua con la lenta e progressiva costruzione d’un gruppo dirigente di sinistra in grado di diventare la maggioranza nel partito. Tutti gli sviluppi successivi sono descritti: il rapporto con la popolazione valtellinese, con i partiti di sinistra, con l’esperimento del centro-sinistra, con la regione Lombardia, con il “Corriere della Valtellina”. Giacomo Tognini, nella ricerca dal titolo L’amministratore, parte dall’attività del Nostro come sindaco di Morbegno, dando particolare rilievo al suo operato riguardo ai servizi socio-sanitari. Seguono l’impegno per il Bim, la Comunità montana, le infrastrutture, il problema della montagna e il rapporto Milano-Sondrio. Giulio Perotti, ne Il giornalista, avverte che nessuna personalità del giornalismo valtellinese è stata così a lungo e così autorevolmente presente nell’accompagnare e nell’interpretare, come testimone e come protagonista, il più radicale cambiamento nella storia della nostra valle, spaziando – senza pretesa di esaurirne i campi – dalla politica locale, nazionale e internazionale alla storia, dalla critica letteraria e artistica all’arguta e salace polemica, dall’erudita “prosa d’arte” alla brillante narrativa, alla memorialistica no alla vera e propria “didattica”.  Con il saggio Lo storico Bianca Ceresara Declich presenta e riassume l’ampia ricerca storica dello Spini, che, partendo dalle remote origini, segue con passione il lungo processo che ha portato il nostro territorio, tra ritardi e accelerazioni, ad unirsi prima alla Lombardia, secondo un’antica vocazione geo-politica, poi allo stato unitario, assieme alla regione.  Il filo conduttore di tutta l’indagine si trova nella partecipe, e spesso commossa, attenzione dell’autore al mondo contadino. Oltre all’ampiezza dei contenuti, la ricerca dello Spini sorprende per la notevole ricchezza di indicazioni metodologiche e di suggerimenti tematici. Laura Bordoni ne Il ricercatore si propone di ricostruire sinteticamente l’attività di ricerca di Giulio Spini, prestando uno sguardo alle letture e agli studi maturati nel corso della giovinezza e proseguiti lungo tutto l’arco della vita. Il lavoro mira a restituire al lettore la ricchezza e la varietà delle indagini effettuate da Spini, il quale costituì, all’interno del proprio archivio, una sorta di “enciclopedia del sapere”.  Infine la sezione delle Testimonianze: Silvana Tirloni, nel presentare Il maestro, mostra che l’educazione e la politica sono stati i motivi dominanti della vita di Giulio Spini. Il suo impegno pedagogico era integrale, perché sentiva la necessità e l’opportunità di suscitare le aspirazioni più alte, di attivare il confronto all’insegna del rispetto e della vitalità delle idee, per educare alla libertà, alla democrazia, alla responsabilità, alla coscienza civica. Sosteneva che la “Scuola è più delle strutture, dei programmi, è qualcosa di più profondo, è entità spirituale”. Roberto Marchini ne La “marcia nel deserto” della sinistra dc rievoca la sua conoscenza di Spini nel 1958 e l’adesione al suo piccolo gruppo all’interno del partito, che all’inizio degli anni Settanta si affermò come componente importante della vita politica e istituzionale della provincia. Conclude Mauro Del Barba, l’ultimo degli “allievi” di Spini, con il suo ricordo: Conobbi Giulio, incontrai la politica, dove si legge la storia di un incontro tra un giovane e un anziano che ripete: “Quante spiegazioni ho da chiedere quando sarò lassù...”, con partenza stentorea e una sospensione sul finale, che lasciava intuire come il suo pensiero si stesse accingendo a quel momento. 

 

 

 

 

Bianca Ceresara Declich