Il terzo settore “custode” della Costituzione.

 

Le formazioni sociali potranno difendere la Costituzione.

Per il Terzo settore, infatti, esiste una nuova opportunità, quella di dialogare con la Corte costituzionale.

Il giudice costituzionale modifica le proprie regole, introducendo nel processo costituzionale  la possibilità dell’ascolto della società civile.

L’apertura della Corte ai contributi di qualsiasi formazione sociale, senza scopo di lucro, rappresenta una rivoluzione, non soltanto, perché apre ad un mondo di soggetti, ma perchè la prospettiva è quella di offrire alle organizzazioni l’occasione di tutelare, e non solo di rappresentare, l’interesse generale, per il proprio ambito di riferimento.

Nel merito, si tratta dell’intervento nel giudizio incidentale ai soggetti titolari di interessi qualificati, inerenti in modo diretto ed immediato al giudizio, nel senso di formalizzare così un contraddittorio più largo, coerente con un’apertura pluralistica del giudizio di legittimità costituzionale.

Tale previsione avrà, di sicuro, un impatto rilevante nello spazio pubblico, raccogliendo la sfida di definire un equilibrio fra giustizia costituzionale e pluralismo sociale.

Una democrazia moderna, infatti, si accompagna spesso con la crescente complessità delle società pluralistiche, in cui difficilmente si giunge ad equilibrio o ad approdi, intrinsecamente, inclusivi delle diverse e contrastanti dinamiche sociali.

Il punto è decisivo, perché l’interpretazione delle norme da parte della Corte costituzionale, custode della Costituzione, dotata ora di uno strumentario più elaborato per rispondere alle domande di complessità, che provengono dalla società civile, inevitabilmente non potrà restare avulsa da uno spettro ampio di informazione e di conoscenza sulle questioni che dividono il tessuto pluralistico.

È una svolta di senso nell’intento di valorizzare una relazione a valore aggiunto tra i cittadini organizzati e le istituzioni della Repubblica. Una relazione che può assumere le forme della collaborazione, nell’intento di traslare, in sede di giudizio di costituzionalità, il vissuto qualificato degli operatori sociali, a corretta ed equilibrata interpretazione dei valori costituzionali in gioco al momento.

L’intenzione della Corte rappresenta una rivoluzione perché apre alla partecipazione della società civile, riconoscendo un ruolo, in termini di sussidiarietà orizzontale, quella sociale appunto, di cui all’art. 118, co. 4, Cost., a quelle formazioni in grado di offrire un contributo rilevante, a prescindere da ogni steccato definitorio e da ogni connotazione giuridica.

Questo profilo, quello processuale, arricchisce l’attuazione costituzionale dell’idea di sussidiarietà, quale riconoscimento del potere dei cittadini, in forma singola o associata, di svolgere l’interesse generale, persino contribuendo a interpretare la Costituzione stessa in nome di interessi collettivi e diffusi.

La società civile potrà proteggere la Costituzione dagli stravolgimenti di quanti, per esempio i partiti, cercano di piegarla a usi strumentali, facendosi interpreti e custodi autentici del disegno di eguaglianza, giustizia sociale e partecipazione in essa contenuto.

In questa prospettiva, deve essere accolta con favore tale novità, perchè non può che rappresentare una risorsa insostituibile nel giudizio di costituzionalità.

Soprattutto in questa fase di emergenza sanitaria, ed economica e sociale, ma anche istituzionale, a cui consegue una normativa d’emergenza, i profili giuridici, espressione di diritti soggetti e dell’interesse generale, dimenticati sono e saranno tanti, per questo i ricorsi alla Corte costituzionale aumenteranno per numero e per complessità.

Sarà importante saper farsi ascoltare, più che sentire, di fronte al Custode della Costituzione.

Bisognerà fare i conti con risorse minori per esigenze che saranno maggiori. Ci sarà, sicuramente, da parte delle amministrazioni pubbliche la tentazione di amministrativizzare, nel seno di tener sotto controllo, l’attivismo civico, rischiando di perdere la ricchezza del pluralismo sociale e culturale. Il Terzo settore dovrebbe tenersi lontano da questa logica, soprattutto di fronte a situazioni nuove che metteranno sempre più alla prova le sue articolazione. 

Un primo, e non certo affrettato, giudizio su tale opportunità per il Terzo settore non può non tener conto dello sfondo evolutivo delle esperienze di giustizia costituzionale, e del ruolo decisivo che, in questa cornice, giocherà il nodo del rapporto con il pluralismo sociale.

La Corte riferisce che qualsiasi formazione sociale senza scopo di lucro e qualunque soggetto istituzionale, se portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alle questioni in discussioni di fronte alla Corte, potranno presentare brevi opinioni scritte per offrire elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso sottoposto al suo giudizio.

È chiaro, perciò, che nello specifico si tratta dell’utilizzo di strumenti tecnico giuridici, che non sono alla portata di tutti, ma che, comunque, quei soggetti capaci di offrire un contributo rilevante potranno e sapranno ben utilizzare.

Una chiamata a cui non si può mancare, perché, di contro, il rischio, muovendosi sul fragile crinale che separa la riduzione della complessità dal sacrificio del pluralismo, svuoterebbe di significato la sussidiarietà sociale, quella su cui si erge la democrazia plurale.

 

Bruno Di Giacomo Russo